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Il popolo maligno e le donne che ancora sognano

 

Popolo maligno è il popolo degli uomini che trattano male le donne. Si sono dimenticati di essere nati da una donna. Ciechi, assurdi, criminali se ne dovrebbero andare in Siberia al gelo con biglietto senza ritorno e sbattersi la testa contro le pareti di ghiaccio notte giorno e dire a se stessi e alle neve: “Ho trattato male una donna, l’ho uccisa, offesa con gesti e parole e mi sono dimenticato che a farmi nascere è stata una donna.”
Da questa indignazione nasce la mostra di Maria Tripoli. Pittura Pop di inizio millennio che racconta una storia incredibile, viscerale, al confine tra auto confessione e rabbia. Qualche volta il pennello è più agitato, altre volte calmo come un ruscello perché questa è pittura di rispecchiamento. Maria Tripoli si sente vicina a queste Barbie stravolte, illuse tra il sogno dell’amore e del principe azzurro e nel fango della disillusione.

Le Barbie hanno queste faccine sempre così tranquille, immerse dentro una felicità apparente, tanto perfette nel corpo e nella testa. Le gambe lunghe e i piedi sempre in punta di piedi, mai appoggiati veramente al suolo come a buona parte delle donne accade. Il seno sodo ma non sembra un seno da allattamento e le mani curate, nessuna ruga e i capelli sempre folti. Ma a queste Barbie dall’aria immortale e sempre giovani qualche volta succede qualcosa di tremendo. Così succede a molte donne che credono, quando hanno un uomo o quando si sposano, di entrare dentro una “Casa di bambola.” E proprio in “Casa di bambola” di Ibsen si legge: “Come siete freschi e allegri! E che guance rosse. Sembrano mele e rose. Vi siete divertiti? Che gioia!”. Già, la gioia che da bambine e da adolescenti si persegue da grandi si frantuma. E così capita come alla Barbie di Maria Tripoli, che quella donna sognante viene legata e capovolta, appesa a un filo, lasciata sola a macerare tristezze, senza la sua fata turchina, con fondali ben dipinti con una certa volontà classica. Poi lei, la Barbie, pure cade dal trapezio, ma siccome è bambola, non si fa mai male, beata lei. Queste tele cambiano di continuo perché la vita come la pittura, cambia sempre e pure l’umore delle donne che, si sa, sale e scende come quello della luna. Maria Tripoli pure si racconta attraverso le pagine di un libro e scrive “il mare è immenso, l’orizzonte appare irraggiungibile e io non so nuotare bene.” Qualche volta pure invoca l’Angelo, oppure sente che “quando si ha troppa fame di amore alcune parti del cervello si disattivano e il cervello non funziona più.”

Nel nome di questa fame d’amore molte crudeltà sono state commesse e queste tele lo ricordano a colori.

 

Giovanna Giordano

"Il popolo maligno e le donne che ancora sognano" 2014-2015

"Il popolo maligno e le donne che ancora sognano" 2014-2015

"Il popolo maligno e le donne che ancora sognano" 2014-2015

"Il popolo maligno e le donne che ancora sognano" 2014-2015

"Il popolo maligno e le donne che ancora sognano" 2014-2015

"Il popolo maligno e le donne che ancora sognano" 2014-2015

"Il popolo maligno e le donne che ancora sognano" 2014-2015

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