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Insieme contro la violenza di genere

(Progetto di Maria Tripoli)

 

Da una “La violenza di genere è caratterizzata da una serie distinta di azioni fisiche, sessuali, di coercizione economica e psicologica che hanno luogo all’interno di una relazione intima attuale o passata. Si tratta di una serie di condotte che comportano nel breve e nel lungo tempo un danno sia di natura fisica sia di tipo psicologico ed esistenziale  (A. C. Baldry, 2006).”

I recenti dati di cronaca, relativi ad azioni violente compiute contro le donne e per lo più da parte di un uomo legato a lei da vincoli di sangue o di parentela, rivelano come, ancora oggi, il femminicidio sia un fenomeno le cui motivazioni nascono da lontano, quando esse erano condannate al silenzio ed a vivere nell’ignoranza, subordinate all’uomo. Le molteplici trasformazioni culturali e sociali avvenute negli ultimi decenni, non sono state accompagnate da un adeguato cambiamento dei rapporti tra i generi. Da qui la necessità di occuparsi, da un punto di vista pedagogico-formativo del femminicidio e della violenza di genere.
Aprire la scuola al discorso della differenza di genere significa educare alunni, alunne ed insegnanti ad assumere con maggiore consapevolezza il proprio ruolo e della propria storia legata al genere. La classe è il luogo dove il processo educativo avviene se si favorisce la conoscenza della differenza. A tal proposito mi propongo con questo progetto, effettuato in ambito scolastico, di incentrare il modello di formazione sulla problematizzazione degli stereotipi di genere e sulla riflessione sulle violenti conseguenze di questi nei contesti sociali attraverso la ricerca partecipata di soluzioni e la produzione di materiale creativo utilizzabile nelle attività didattiche.
Gli obiettivi principali del progetto sono:


·         Comprendere il senso della differenza di genere e condizione per la piena realizzazione di sé.

·         Sensibilizzare ad una riflessione sulla propria ed altrui identità in base alle differenze di genere.

·       Riflettere sul senso della collaborazione e della discriminazione all’interno dei legami sociali sia          nel contesto scolastico che nel lavoro futuro.

Il progetto individua vari “assi strategici”, tra i quali quello appunto della prevenzione e contrasto della violenza sessuale e di genere a danno di adulti, minori, persone di diverso orientamento sessuale, disabili e migranti.
Tali premesse si rifanno all'assunto che la violenza di genere sia un fenomeno socialmente e storicamente determinato in relazione ai ruoli sessuali e ai rapporti di
potere ad essi sottesi. Essa è trasversale a tutte le aree geografiche, a tutte le culture e a tutti gli strati sociali; in qualsiasi forma tale fenomeno si manifesti - sessuale, fisica, psicologica, economica – e anche quando esercitato nelle relazioni di intimità, non può essere circoscritto alla sfera privata, ma chiama in causa le istituzioni e più in generale la società civile e la scuola.
La violenza di genere è un fenomeno multidimensionale che, lungi dal richiedere politiche meramente securitarie, va affrontato con un approccio integrato in grado di operare un profondo cambiamento culturale e sociale.

“Senza il femminismo, senza la sua analisi dell'oppressione delle donne,
la sua determinazione a porvi fine e senza le pratiche concrete che lo hanno caratterizzato non saremmo qui a ragionare di violenza maschile.”
Patrizia Romito

Parlare di violenza di genere comporta un lavoro complesso, multidisciplinare e multisettoriale che implica uno sforzo di chiarezza concettuale, per battersi contro di essa. Troppo spesso “genere” e “donne”, intese come “genere femminile”, si sovrappongono, creando una confusione di categorie e un occultamento della costruzione sociale del ruolo di genere. Si favorisce in questo modo, inavvertitamente, uno scivolamento verso concezioni a carattere naturalistico, che vedono le donne, o meglio, “la donna”, riportata a un’ identità più o meno immutabile.
La violenza di genere può assumere dunque molteplici dimensioni, proprio in conseguenza di un'accezione che rifiuta il determinismo e mette invece l'accento sulla dimensione sociale e storica dei ruoli sessuali e dei rapporti di potere a loro sottesi. Una di queste dimensioni è ancora oggi, in tutto il mondo, assolutamente prevalente, con una connotazione brutalmente e duramente“ biologica”. E’ la violenza, appunto, che si configura, sia nel caso della violenza sessuale che in quella cosiddetta “domestica”, come diretta contro il corpo femminile e perpetrata da uomini. Tutte
le pubblicazioni e le ricerche in materia che ho potuto consultare, oltre a fortificarmi per il crescente aumento di interesse rispetto al problema (dato registrato e raccolto nella ricerca da me compiuta oltre i corsi effettuati dal Ministero), si sono rivelate concordi: esiste una tipologia di violenza specifica, che viene agita pressoché esclusivamente dagli uomini contro le donne, e che si consuma all'interno delle relazioni di intimità. Anche parlando della violenza sessuale, che più facilmente arriva ai mezzi di comunicazione di massa, il dato è confermato: gli autori sono quasi sempre mariti, compagni, amici, conoscenti, e solo in casi estremamente rari perfetti sconosciuti. Si ribalta così, di fatto, lo stereotipo del bruto che assale a caso e con furia cieca e improvvisa le sue vittime nella strada buia. Molto importante mi sembra ribadire una volta di più che si tratta di un fenomeno sociale, che riporta a una struttura consolidata di rapporti di potere e di forza attorno cui le società, più o meno avanzate che siano, e a ogni angolo del pianeta, sono ancora organizzate. Così si legge nell'introduzione dell'Handbook for legislation on violence against women licenziato dal Dipartimento Affari Sociali
delle Nazioni Unite nel 2009: “Across the world - in rich and poor countries alike - women are being beaten, trafficked, raped and killed. These human right abuses non only great harm and suffering on individuals - they tear at the fabric of entire societies”. Una dimensione sociale, questa, resa evidente e concretamente palpabile dalle cifre. La drammatica estensione del fenomeno e il gran numero di vittime, non permette di ritenerlo un fatto episodico: se ciascuna storia è unica e irripetibile, così come ciascuna donna, non v'è dubbio, d’altra parte, che l'esperienza della violenza
ci riguardi tutte, qualunque siano le nostre scelte sessuali, di vita e di collocazione rispetto all'identità di genere. Così come riguarda tutti gli uomini, qualunque siano, ancora una volta, le loro scelte sessuali, di vita e di collocazione rispetto all'identità di genere.
Mi sembra quindi doppiamente necessario utilizzare il massimo della chiarezza terminologica, premettendo che, nel lavoro di mappatura svolto per il progetto, mi sono occupata di violenza contro le donne, nelle accezioni della violenza sessuale e del maltrattamento; l'indagine non ha riguardato il fenomeno in sé, ma piuttosto le caratteristiche e l'articolazione delle pratiche e delle azioni di contrasto. Esse chiamano in causa tutti gli enti, pubblici o privati, le associazioni, i servizi socio-sanitari dedicati, così come le strutture che, nel corso della loro attività prevalente, incrociano la violenza contro le donne e le problematiche a essa legate.
Il senso della paura della paura dell’altro da sé diventa la misura delle relazioni post-moderne.
Nasce da qui la necessità di educare-rsi alla consapevolezza e al conflitto.
Ritengo che il tema della violenza di genere si inscrive ampiamente nel tema della gestione dei conflitti all’interno delle relazioni . Nella postmodernità si è parlato di disintegrazione dell’io di una disintegrazione delle relazioni.
Da qui l’importanza di un’altra parola “chiave” che voglio utilizzare nel nostro lavoro all’interno del Progetto “Insieme contro la violenza di genere”: l’educazione a nuove e diverse relazioni poiché il tema della relazione di genere è inscritto in quello più ampio assolutamente attuale delle relazioni con la diversità.
Quindi saper gestire il conflitto, è diventata una delle sfide sociali, relazionali, familiari, educative più importanti di cui cominciare a tenere conto. In tale senso esistono interessanti e diffuse esperienze all’interno delle scuole, ma non bastano ecco perché ritengo anche che l’incontro con Associazioni del settore sia necessaria per un giusto apporto all’educazione di genere.
Educare alle differenze significa includere tutte le diversità, dalle diverse identità di genere e di orientamento sessuale ai diversi modelli famigliari. Prevenire bullismo e omofobia e contrastare gli stereotipi di genere nell’ottica della neutralizzazione.
Educare nella differenza implica un assunzione di responsabilità pedagogica e un nuovo approccio ad un universo educativo che tiene conto dell’esistenza di due soggetti, è sviluppare una visione del mondo matura e responsabile. Rivoluzione simbolica che acquista valore sin dalla scuola. La differenza è un valore. Capire quando la differenza è diventata una disuguaglianza.
Introdurre attraverso la vita vissuta esempi per capirne il valore.
La differenza originaria è alla nascita (di sesso), che non è orientamento sessuale.
Sesso e genere sono sinonimi? Che differenza c’è?
Cos’è l’identità? Identità, dicotomia (da una parte gli uomini), dall’altro l’appiattimento della donna che genera figli (la grande madre).
Qual è il ruolo della scuola in tutto questo? La scuola non deve dare delle risposte ma fare domande, suscitare curiosità. Ragionare sugli stereotipi e lavorare molto su questo significa prevenire pregiudizi. Cos’è uno stereotipo? Come sono nati tutti questi stereotipi sulla donna? Dagli studi fatti sono circa un migliaio in più rispetto agli uomini. E da qui in poi “cos’è cultura e cos’è natura?”.
Dagli stereotipi si passa al pregiudizio e al sessismo benevolo (tu sei tanta carina e debole che hai bisogno della mia protezione).
“La differenza sessuale, rappresenta uno dei problemi o il problema che la nostra epoca ha da pensare.” (Luce Irigaray).
Parità non vuol dire uguaglianza, ciascuno deve essere messo in grado di sviluppare le proprie possibilità per raggiungere l’uguaglianza e l’Italia è piuttosto indietro su questo, considerando che si trova al settantunesimo posto.
Anche il sessismo linguistico fa parte di questo. Come si parla delle donne e cosa mette a disposizione la lingua per riferirsi alle donne. Debora Tanner linguista nel 1990 ha scritto “ Ma perché non mi capisci?”, un autorevole saggio su come parlano le donne e la loro difficoltà di non essere capite.
La lingua rappresenta o costruisce? E’ descrizione o costruzione?
La parola corrisponde a una costruzione di sé. Il sé viene socialmente costruito attraverso il linguaggio e ogni individuo è chiamato a tessere la trama della propria storia personale dando significato a ciò che si dice, cioè il modo in cui gli individui comprendono ciò che comunicano e ciò che viene comunicato. In questo sta la forza modellizzante della lingua.
La lingua è un fatto artificiale, costruita, un codice digitale; i codici analoghi assomigliano alla realtà, alle immagini esempio dell’arte, di un quadro ecc…; ha dei tratti pertinenti alla realtà, parte dall’assunto che il linguaggio inizia da una costruzione anche sociale e dà un’impronta profonda. La lingua è il binario su cui viaggia il pensiero; parlare non è mai neutro. La discriminazione prima che sostanziale è linguistica poiché la lingua influenza il pensiero. E’ una parte sostanziale del binomio natura-cultura.  L’ omosessualità è stata trovata in oltre 450 specie, l’omofobia solo in una. Quale ti sembra innaturale ora?
La forza inerte degli stereotipi e decostruire è il messaggio chiave. Il senso comune ci impedisce di effettuare il cambiamento. Insegnare a scuola ad obiettare l’ovvio. Questo è difficile perché le persone sono abituate tacitamente alla conoscenza.
Cosa riguardano le conoscenze tacite?
Come gestire noi stessi e le prospettive della propria esistenza
Gestire gli altri
Gestire le prospettive della propria esistenza
Perché noi tutti accettiamo il senso comune?
Perché le famiglie non ti aiutano
La scuola deve chiedere perché
3-Perché condividere il senso comune non ti emargina dalla società, specie nell’adolescenza (il gruppo).

Attraverso il senso comune può passare la violenza manifesta di un dominio(il dominio maschile consiste nel far interiorizzare un’immagine di sé che non ti appartiene e dettata da altri), ma soprattutto la violenza psicologica.
Lo stereotipo è pericoloso perché diventa violazione. Quotidiano uguale a invisibile.
Spesso gli aspetti apparentemente più ovvi della vita rappresentano in realtà gli elementi cruciali della nostra esistenza.
Con questo progetto nella scuola attraverso corsi espressivi e creativi si dovrà far emergere il quotidiano invisibile e far capire il ruolo nefasto dello stereotipo che preclude il cambiamento. Il pensiero divergente è quello che mette in discussione l’ovvio. La generalizzazione se condivisa diventa un’identità e quindi contiene la persistenza. Diventa persistente più della legge. Secondo Walter Lippmann gli stereotipi non sono un’immagine completa del mondo, ma sono l’immagine di un mondo possibile a cui ci siamo abituati, adattati. Gli stereotipi vengono trasmessi e accolti spesso in modo inconsapevole; è quindi importante capire come funziona il meccanismo di trasmissione e renderlo visibile, per poter cambiare.
Gli stereotipi producono pregiudizi, precludono il cambiamento, bloccano l’innovazione e quindi producono stigma.
I miti ci forniscono un intero patrimonio di stigmi e rappresentano aspetti idealizzati del complicato spirito umano. Le Dee rappresentano il femminile e lo stupro ad opera della violenza divina è normale.
Pertanto la pedagogia di genere è la pedagogia dell’evidenza invisibile, ciò che è sotto gli occhi di tutti e che non si vede più, oppure che appare così naturale da non richiedere attenzione ed intervento.
Rileggere miti, fiabe per contrastare i luoghi comuni e gli stereotipi.
Brainstorming, da parole chiavi o da luoghi comuni della sottocultura sessista.
Esercizi e giochi di scambio ruolo.
La triangolazione dei ruoli, chi scrive, chi interpreta, chi descrive con ogni mezzo espressivo.
Dal vissuto ai testi.
Si trasferisce alla lettura dei testi lo stesso approccio metodologico.
Sull’ascolto di sé e dell’altro.
Sulla valorizzazione dei diversi punti di vista.
Per dare voce a chi non l’ha mai avuta.
Per dare senso, ragione storico-sociale al punto di vista dominante.

 

 

Un progetto di Maria Tripoli

 

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